User Tools

Site Tools


libro:interazioniconluomo

Interazioni con l'uomo (polveri sottili)

Le polveri sottili interagiscono con l'uomo ovviamente essenzialmente a livello dell'apparato respiratorio. Più esse sono piccole, più possono addentrarsi in profondità. Si assume perciò che le polveri sottili più piccole siano più pericolose, perché scendendo nell'apparato respiratorio, andando dalla trachea ai bronchioli le barriere si riducono man mano e la vicinanza con l'apparato circolatorio aumenta.

particulate_danger-it.jpg

(da Wikipedia, in pubblico dominio)

Poiché molte delle sostanze presenti nelle polveri sottili sono in quanto tali nocive alla salute (metalli pesanti, composti organici aromatici e altro ancora), si assume che perciò il danno che possono provocare le polveri sottili aumenta al diminuire delle loro dimensioni.

Questa visione si basa sul presupposto, da dimostrare, che le concentrazioni di cui stiamo parlando siano di una qualche rilevanza pratica. Infatti, per concentrazioni ambientali sufficientemente basse, fin dove arrivino le polveri diventa irrilevante, dato che la loro quantità è comunque troppo ridotta per incidere in qualche modo sulla salute. In generale, tutti i fattori che vanno ad incidere negativamente con il metabolismo possiedono una soglia minima, sotto la quale i loro effetti si annullano, perché l'organismo è in grado di compensarli e di smaltire la sostanza nociva che li causa. Solo pochi fattori di disturbo sembrano fare eccezione (ad esempio le radiazioni ionizzanti, ma anche in questo caso una soglia forse esiste). Poiché le sostanze nocive presenti nelle polveri sottili sono comunque sostanze che possono generarsi anche attraverso processi naturali, immaginare che il corpo umano sia in grado di fare fronte ad esse entro ove queste non superino determinate concentrazioni, è perfettamente ragionevole.

Peraltro i meccanismi specifici attraverso cui tale danno dovrebbe esplicarsi è allo stato ignoto, benché studi in vivo e in vitro (su colture cellulari) siano stati fatti e siano in corso. (Particelle in atmosfera - Conosciamole meglio)

Al momento, perciò, tutte le valutazioni qualitative e quantitative sui danni delle polveri sottili si basano su studi epidemiologici.

Gli studi epidemiologici sono studi che analizzano in modo esclusivamente statistico le correlazioni (n.b. non “cause”, cfr. metodo) fra l'intensità di certi fattori e l'intensità di certi fenomeni. Tali studi non prevedono di variare in maniera nota l'intensità di uno o più fattori, ma unicamente di individuare gruppi supposti omogenei rispetto a quel determinato fattore. Il problema è che se anche un fattore è omogeneo all'interno di un gruppo, trattandosi di analisi di casi sul campo, si può solo sperare di avere individuato tutti i fattori in gioco, non essendovi mai la certezza completa. Ad esempio, se si considera come misura del fattore di interesse (esposizione alle polveri sottili) il valore medio del PM10 nella città in cui vivono le persone in studio, e poi non si tiene conto del fatto se esse fumano o meno, tutti i risultati sono da buttare!

Gli studi epidemiologici, inoltre, per principio, possono solo individuare correlazioni. Ma queste, come abbiamo spiegato in precedenza, non sono assolutamente delle prove di un rapporto causa effetto. E ciò non cambia neanche quando i risultati ottenuti possono venire ripetuti anche da altri studi, in quanto ciò è prova solamente del fatto che i modelli matematici sono stati correttamente applicati, ma non difendono gli studi stessi dal difetto dell'omessa considerazione di fattori essenziali né dalla falsa associazione in un rapporto causa effetto di due fenomeni che in realtà sono solamente effetti paralleli di una causa comune.

Sono anni che i giornali riportano a cadenze regolari articoli sui presunti effetti dannosi che l'inquinamento avrebbe sulla salute. In tali articoli, che compaiono soprattutto in inverno, il periodo in cui la concentrazione delle polveri fini è più alta, quasi sempre si enumerano i morti che l'inquinamento provocherebbe, a Milano, in Lombardia, in Italia o anche in Europa. Molto spesso questi articoli conquistano grande visibilità, perché i dati riportati sono accuratamente scelti per instillare paura, con numeri che sembrano tratti da un bollettino di guerra.

In teoria si potrebbe pensare, per valutare l'attendibilità di tali articoli, di andare a leggere, uno per uno, gli articoli scientifici originali relativi a tali studi. Sarebbe un lavoro molto lungo e tedioso, e comunque non basterebbe per esprimere un giudizio. Seguiremo perciò un approccio più “fenomenologico”, ovvero metteremo a confronto i numeri riportati in vari articoli nel corso degli anni. Infatti, se un fenomeno è noto e ben compreso, le descrizioni e le interpretazioni di esso possono variare leggermente a seconda dell'esperto interpellato, ma a grandi linee dovrebbero essere molto simili. Minore è la concordanza, più vuole dire che il fenomeno è in realtà poco conosciuto e le sue interpretazioni sono basate su ipotesi e illazioni più che su fatti accertati.

Può, in linea di principio, anche accadere che tutti sbaglino allo stesso modo, ovvero il fatto che tutte le descrizioni siano molto simili, è condizione necessaria ma non sufficiente perché si possa dire che un fenomeno è ben compreso.

D'altro canto, se ognuno dice una cosa radicalmente diversa, allora è certo che che il fenomeno è ancora in gran parte oscuro.

Giusto per fare qualche esempio pratico, l'energia termica che si può ricavare da un litro di benzina è uguale indipendentemente dal libro su cui si va a cercare il dato, a meno di qualche decimale dopo la virgola. In altri casi può esserci più variabilità. Ad esempio, su alcuni libri l'apertura alare dell'avvoltoio grifone viene indicata sui 240-270cm, in altri 260-290 cm. Ma in ogni caso l'oscillazione è una frazione del valore indicato. Su nessun libro vi capiterà mai di leggere che l'apertura alare di tale uccello è di 25-27 cm. Se ad un ornitologo capitasse in mano un libro del genere lo butterebbe via subito. E a ragione!

Guardiamo dunque cosa succede nel caso dei morti per inquinamento, una voce che vede l'opinione pubblica ovviamente e giustamente molto sensibile.

I numeri trovati in po' di articoli su vari giornali dal 2005 a oggi sono riportati in questi articoli: Morti causati da inquinamento sulla stampa , Morti per inquinamento, la lotteria dei numeri.

Morti in Italia: si va da 2740 a più di 50000 (perché 50000, secondo l'articolo, sarebbero i morti annuali nella sola Val padana), passando per 7000, 10000, 39000. C'è da rimanere basiti! Fra la stima più bassa e quella più alta c'è un rapporto di almeno 20 volte!

Sarebbe come se una volta vi dicessero che l'apertura alare dell'avvoltoio grifone di cui sopra è di 280 cm, la volta dopo di 14 cm! Una volta un uccello enorme, la seconda un uccellino grande come un passerotto!

Ma vediamo cosa succede in Lombardia. In un articolo dicono che in Lombardia l'inquinamento provoca 173 morti, appena sei mesi dopo sono diventati 3000-7000! Il rapporto è addirittura di 40! Questa volta il nostro grande uccello rapace una volta ha un'apertura alare di 280cm, la seconda di appena di 7 cm! E' come confondere uno degli uccelli europei più grandi con una grossa farfalla notturna!

Infine vediamo cosa dicono sulla stampa riguardo al caso più ristretto della sola città di Milano. Qui le cose vanno su e giù. Ad esempio, fine Novembre 2009 l'inquinamento provocava ogni anno 140 morti, ma già a fine Gennaio erano saliti di 7 volte, toccando quota 1000, e addirittura 1200 altri sei mesi dopo. In 3 mesi però l'aria deve essersi purificata, perché i morti per inquinamento tornavano a 93, ovvero 13 volte meno! Ma già un mese dopo erano nuovamente saliti a 550-900! Qualche giorno fa, infine, la cifra si assestava sui 550.

E' quindi evidente che non vi è la minima concordanza!

A questo punto è necessaria introdurre la domanda: Che cosa è un “morto da inquinamento”? Indicare la causa di un decesso in alcuni casi è facile: morti da incidenti stradali, morti per omicidio, morti per incidenti sul lavoro.

In altri casi lo è però meno, anche se è pur sempre possibile. Ad esempio, nel caso dei morti per amianto, triste piaga di cui ogni tanto si parla sui mass media, ciò è ragionevolmente possibile, perché si tratta di persone che muoiono a causa di malattie rarissime, ma presenti con frequenza molto più alta fra coloro che hanno maneggiato l'amianto per molto tempo. Appena meno netta è l'associazione fra tumore al polmone e fumo. Perciò un forte fumatore che muore di tumore al polmone può essere approssimativamente considerato un morto da fumo.

L'ascrizione di un dato decesso ad un dato fattore, quando questo passa attraverso una data malattia, è sensata se si tratta di malattie che sono virtualmente assenti fra coloro che non sono mai stati sottoposti a tale fattore. La malattia funge cioè da marker.

E' questo il caso dell'inquinamento? No di certo! Quando si pretende di parlare di morti da inquinamento ci si riferisce sempre a malattie molto comuni in tutta la popolazione: infarto, ipertensione, malattie respiratorie, etc…

In realtà i morti da inquinamento (facendo riferimento alle condizioni che si possono riscontrare normalmente nelle città italiane) non esistono. L' inquinamento può al più essere un ulteriore fattore fra quelli che incidono sulla salute, ma nessuno muore di solo inquinamento.

E allora, come nascono i numeri riportati dai giornali? Essi nascono, appunto, da studi epidemiologici.

Per esempio, si rileva il numero dei morti giornalieri e la si mette a confronto con la concentrazione di polveri sottili. La cosa apparentemente sembra sensata, ma non lo è a priori. Infatti esistono una miriade di fattori che fluttuano in maniera positivamente correlata con la concentrazione di polveri sottili, e che molto più delle polveri sottili possono andare a incidere sullo stato di salute.

In generale, molte delle situazioni che sono associate ad un aumento della concentrazione degli inquinanti sono di per sé pericolose per persone già gravemente ammalate. Per cui è chiaro che quando si presentano tali situazioni ci saranno dei picchi di decessi. Ma tale correlazione non può certo venire presa come dimostrazione di un rapporto causa effetto, a maggior ragione per una valutazione quantitativa di tale rapporto.

L'unico modo per poterlo fare in maniera rigorosa sarebbe quello di avere un'altra ipotetica città di Milano (/Lombardia/Italia), del tutto identica alla prima, ma con l'aria del Monte Bianco. In tal caso, confrontando la situazione nei due casi, si potrebbe ottenere una valutazione quantitativa degli effetti dell'inquinamento. E in ogni caso bisognerebbe parlare di perdita di aspettativa di vita a causa dell'inquinamento, non certo di morti dovuti a inquinamento.

Ovviamente non esiste alcuna possibilità di effettuare un tale confronto, per cui si può tranquillamente dire che tutti i dati che vengono presentati si basano su interpretazioni, assunzioni, modelli ipotetici. Ogni gruppo di ricercatori cerca di affinare la propria analisi aggiungendo divisioni in sottogruppi più omogenei e cercando di scorporare questo o quel fattore di rischio. La realtà però è che per un caso così complesso come una città o, peggio ancora, una regione o un paese intero, è impossibile individuare e separare tutti i fattori di rischio, anche perché poi, fra essi, esistono anche delle sinergie che complicano ulteriormente l'analisi.

Questo spiega come mai ci sia variabilità fra i presunti morti causati dall'inquinamento: ognuno applica ipotesi e correzioni aggiuntive al modello utilizzato per interpretare i dati, al fine di migliorarlo. Ma si tratta pur sempre di interpretazioni, basate per una parte importante su assunzioni e postulati che ogni equipe sceglie in modo diverso, alla fine della fiera in base al proprio gusto soggettivo. E il fatto che non solo ci sia variabilità, ma che la variabilità sia così grande è sintomo del fatto che la componente aleatoria nelle interpretazione dei dati è in effetti preponderante.

D'altro canto questa grande variabilità, implicitamente, è anche segno che gli effetti dell'inquinamento sono in realtà assai ridotti, e questo fa sì che il “segnale”, ovvero il loro effetto, sia molto difficilmente distinguibile (ammesso che lo sia) dal rumore di fondo, ovvero dalle fluttuazioni casuali.

In parole povere, tutti i numeri che si vedono in giro hanno in effetti poco o nessun valore pratico. Sono in ultima analisi dei tentavi di indovinare! Tentavi basati su una loro logica, e su assunzioni anche intuitive (ma non sempre scientifiche), ma rispetto alle quali non c'è evidentemente ancora nessuna verità riconosciuta.

Allargando il discorso ad altri dati forniti, la sostanza non cambia. Bastano poche riflessioni e qualche semplice conto per comprendere come essi siano assurdi e buoni solo per fare notizia sui mass-media.

Nell'articolo milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/12_novembre_6/area-sentenza-divieti-smog-2112574379217.shtml, ad esempio si afferma che “i picchi di PM10 (un aumento di 10 microgrammi) aumenta di una percentuale significativa (tra lo 0,8 e l'1 per cento) i ricoveri ospedalieri d'urgenza e il numero dei decessi” Poiché a cavallo fra anni 70 e 80 i picchi erano anche di 450 microgrammi per metro cubo, ciò vorrebbe dire aumenti di ricoveri e di mortalità del 40-50%, considerando una base di partenza di 50 microgrammi per metro cubo. E ciò senza neanche considerare gli altri inquinanti, che pure ai tempi toccavano concentrazioni enormemente più alte (ad esempio le concentrazioni di SO2 erano centinaia di volte più alte). Praticamente si sarebbero dovute verificare continuamente delle vere stragi! Esiste traccia di ciò? A noi non risulta! Dunque il fattore di rischio è significativamente sovrastimato.

E a questo punto quindi si può e si deve porre un'ulteriore domanda:

E' serio mettere in giro tali numeri, spacciandoli come verità accertate?

La risposta è chiara e netta. No, non è affatto serio!

Di chi è la colpa del fatto che ciò invece avvenga? Sicuramente una parte della colpa ricade sui giornalisti, che troppo spesso (ovviamente ci sono eccezioni, per fortuna), senza alcun senso critico, spacciano per verità accertate affermazioni che sono solo ipotesi. Anche senza essere esperti di statistica o di biologia, per farsi venire qualche dubbio, e magari aggiungere una frase che suggerisca che in effetti ci sono ancora incertezze, basterebbe fare un minimo di ricerca su Internet.

Ma una parte di colpa ricade anche sui ricercatori, da cui non mi sembra di avere mai sentito arrivare rettifiche o puntualizzazioni su come sono da intendere i numeri forniti.

Colpe hanno ovviamente poi anche le varie associazioni (pseudo)ambientaliste, che non mancano mai di amplificare al massimo l'allarme, attraverso proclami che definire allarmistici sarebbe riduttivo. Anche quando privi di ogni fondamento.

E una parte di colpa ce l'hanno infine anche i lettori dei giornali, che a quanto pare si bevono veramente tutto, senza il minimo senso critico. Alla fine i giornalisti vendono anche loro un prodotto. Se ai lettori vanno bene articoli fatti col copia e incolla, senza alcuna fatica, perché impegnarsi a fare controlli e a raccogliere riscontri?

Gli autori vorrebbero ora aggiungere un cappello a tutto quanto sopra, prima di arrivare alle conclusioni. Un altro evidente e innegabile sintomo del fatto che i dati forniti non possono venire presi per oro colato è rappresentato dalla grottesca discrasia fra la loro variabilità da un articolo all'altro e la ridicola precisione dei numeri che si possono leggere di volta in volta.

La frase più assurda in assoluto è questa: «se le concentrazioni di PM10 non avessero ecceduto il limite sarebbero stati evitati annualmente 47.319 episodi di recrudescenza d'asma, 2004 episodi di bronchite nei bambini, 26.669 episodi di sintomi respiratori delle basse vie aeree nei bambini e 449.671 tra gli adulti», tratta da «L'inquinamento a Milano ogni anno causa 550 morti». Chiunque abbia una conoscenza anche minima di statistica non può non notare che sono numeri totalmente assurdi, nella loro precisione. Perché non 47.318 o 47.320? E' assolutamente impossibile che stime di fenomeni così complessi basate su modelli possano raggiungere una precisione del genere! I numeri si delegittimano già da sé.

Un caso reale: Il grande inquinamento di Londra del 1952

Proviamo ora a fare un confronto con un caso sicuramente reale di grave inquinamento atmosferico, descritto in letteratura, ovvero il grande inquinamento di Londra del 1952, e vediamo se anche noi riusciamo ad ottenere una stima del “rischio di mortalità da inquinamento”!. Il caso in question viene dettagliatamente descritto sul sito web del Centro Meteo Lombardo: www.centrometeolombardo.com/content.asp. Altre pagine a riguardo: legacy.london.gov.uk/mayor/environment/air_quality/docs/50_years_on.pdf e www.lho.org.uk/LHO_Topics/Health_Topics/Determinants_of_Health/Environment/AirQuality.aspx e labspace.open.ac.uk/mod/resource/view.php

Dall'analisi dei numeri storicamente accertati relativi a tale evento e agli effetti che provocò tale caso di inquinamento estremo, vogliamo provare anche noi ad ottenere una stima del “rischio di mortalità da inquinamento”. Faremo riferimento all'aumento immediato di rischio di morte, quello a cui fanno riferimento solitamente i numeri che vengono presentati sui giornali. Dal nostro punto di vista, quello che è più interessante sono i numeri relativi ai morti in eccesso rispetto al normale: il picco di mortalità si ebbe con 900 morti al giorno, contro ca. 270 nei giorni normali. Picchi di mortalità, questi, corrispondenti a picchi di inquinanti estremamente alti. Purtroppo le fonti non sono concordanti sui valori raggiunti, neanche a livello di ordine di grandezza.

L'eccesso di polveri e di diossido di zolfo arrivò a 30-30000 e 16-14000 volte rispetto agli attuali limiti di legge, rispettivamente, a seconda della fonte. I numeri più citati sono comunque quelli intermedi, ovvero 4500 e 3800 microgrammi per metro cubo, rispettivamente. In effetti, le cifre più alte appaiono poco credibili, alla luce del fatto che concentrazioni di SO2 di 1,8 grammi per metro cubo non sono tollerabili neanche nel breve periodo.

Di seguito faremo riferimento a tali valori intermedi.

Si può provare a fare il seguente semplice conto. Un aumento da 270 a 900 morti corrisponde ad un aumento della mortalità di 3,3 volte circa. Tale aumento fu l'effetto di un eccesso di circa 450 unità da 10 microgrammi per metro cubo. Assumendo che l'aumento di rischio non sia additivo ma moltiplicativo, risolvendo l'equazione 3,3 = x ^ 450 si ottiene l'aumento di mortalità per un eccesso di 10 microgrammi per metro cubo di polveri rispetto al limite di legge (che poi, nel conto, per semplicità abbiamo posto a 0). x risulta essere pari a 1,0026. In altre parole, ad ogni aumento delle polveri sottili di 10 microgrammi per metro cubo la mortalità aumenterebbe dello 0,26%.

Si potrebbe però obiettare che il rischio di morte aumenti in maniera lineare, ovvero che è 3,3 = 450 * x

In tal caso si ottiene x = 0,007, che, percentualmente, equivale a 0,7%.

Tale ultimo numero sembrerebbe in linea con quanto scritto su alcuni articoli sui giornali.

In realtà bisogna considerare due punti:

  • Tale valore non tiene in nessun conto il fatto che anche il diossido di zolfo era presente in larghissimo eccesso. E tale composto può diventare tossico, se in presenza di acqua reagisce a formare acido solforico, sostanza molto aggressiva e dannosa. In più bisognerebbe tenere anche conto dell'effetto sinergico, dato l'effetto di due sostanze dannose presenti in contemporanea è sicuramente maggiore della somma dei loro effetti quando esse sono presenti separatamente.
  • Un effetto lineare è poco verosimile nel caso di sistemi viventi. Di regola l'effetto di un fattore dannoso aumenta in maniera sovra-lineare, all'aumentare dell'intensità del fattore, e una curva esponenziale descrive meglio il suo andamento, rispetto ad una semplice retta.

Tenendo conto di tali due aspetti è dunque assolutamente ragionevole affermare che il fattore di rischio legato ad un aumento di 10 microgrammi per metro cubo delle concentrazioni di poveri sottili sia in realtà assai più piccolo della stima più bassa delle due riportate sopra, ovvero sia assai inferiore a 0,26%.

E quanti sarebbero stati i morti, se al contrario fossero corretti i numeri che danno i giornali? Il conto è presto fatto. Se fosse vero che ogni 10 microgrammi per metro cubo in eccesso di polveri il rischio aumentasse dell'1%, come si legge sui giornali, a Londra i morti in un giorno avrebbero dovuto arrivare (al giorno) a 24000 per un aumento di rischio esponenziale, e 1500 per un aumento di rischio lineare. Numeri perciò in eccesso anche senza considerare il diossido di zolfo, che invece, nella realtà era presente a concentrazioni altissime. Va detto che gli effetti del diossido di zolfo sono noti: ad esempio Pagina dal sito La Mia Aria. A Milano, al contrario, il diossido di zolfo è virtualmente assente.

I numeri presentati sui giornali, riferiti ad una situazione come quella di Milano, dove l'unico inquinante a salire sopra il valore massimo consentito con regolarità è il PM10, rappresentano perciò stime sicuramente largamente sovrastimate. Tale conclusione ben si accorda con il fatto che i numeri che vengono forniti per i cosiddetti morti da smog sono assolutamente discordanti, dimostrando che la mortalità in eccesso, per concentrazioni di inquinanti come quelle che si osservano a Milano, (ammesso che essa sia realmente non nulla) è in pratica non separabile dalle fluttuazioni casuali.

Ora, qualcuno potrebbe obiettare che quelli sopra sono semplici conti da salumiere, mentre i numeri che compaiono sui giornali sono frutto di analisi raffinate. In realtà, quello che sanno tutti coloro che si intendono un po' di analisi dei dati, è che un modello raffinato e complesso non serve assolutamente a nulla, se i dati di partenza che si inseriscono in esso sono incerti e soggetti ad un grande margine di errore.

Al contrario, il nostro conto della serva non è soggetto a grandi errori, perché il fenomeno da cui si attingono i dati di partenza è stato talmente macroscopico ed estremo, da rendere le fluttuazioni casuali del tutto irrilevanti, rispetto alle deviazioni dai valori medi nei giorni normali.

Ultima considerazione, semi-umoristica (si ride anche per non piangere): anche ammesso che sia vero che le patologie (respiratorie, cancerose, etc.) sono in aumento, dato che TUTTI gli inquinanti sono in forte discesa da anni non è forse il caso di ripensare alla correlazione fra i due fattori?

Alcune considerazioni aggiuntive

Come viene fatto giustamente notare nell'articolo MORTI PER INQUINAMENTO, LA LOTTERIA DEI NUMERI, nel valutare gli effetti dell'inquinamento cittadino (ammesso che essi siano presenti realmente in maniera misurabile), non si può fare a meno di considerare che l'inquinamento è un prodotto collaterale di uno stile di vita e di un modello di sviluppo che per molti altri versi ha garantito e garantisce un enorme miglioramento della qualità della vita e della longevità. Prendere come termine di confronto un ambiente senza inquinamento è assolutamente puerile, perché un tale mondo non potrebbe che essere quello dell'uomo preistorico, epoca durante la quale la vita media arrivata a sì e no trent'anni.

Infatti in tutte le epoche successive è sempre stata presente una qualche forma di inquinamento: fogne a cielo aperto nelle città romane, industrie primitive (es. raffinamento del piombo), fumo da legna e inquinamento da funghi e parassiti in epoca medievale (segale cornuta), inquinamento da carbone e legna durante il periodo della rivoluzione industriale. E questo senza parlare delle molte malattie, debellate solo grazie alla moderna società industriale e scientifica.

Cercare di ridurre l'inquinamento è una buona idea, ma bisogna sempre effettuare una valutazione del rapporto costi benefici, e considerare che gli effetti delle misure che si vorrebbero introdurre possono essere anche situate molti anelli più in là nella catena dei rapporti causa effetto. Limitarsi a considerare solo gli effetti immediati può significare mettere in atto misure nel complesso controproducenti.

Black carbon

Una breve digressione la merita il cosiddetto “black carbon”, ne parliamo in questa sezione.

:copyright

libro/interazioniconluomo.txt · Last modified: 2013/11/30 16:07 by 127.0.0.1