Table of Contents

« Sono tutti ecologisti coi veicoli degli altri »

Considerazioni socio-politico-economiche

Facendo mente locale su tutto quanto scritto sin qui, si evidenziano due elementi principali:

Viene allora da chiedersi: perché si fa di tutto per creare allarmismo sul problema dell'inquinamento, e perché si vuole a tutti i costi attribuire la causa principale di tale problema al traffico veicolare privato?

In realtà ci si rende conto che per certi circoli ambientalisti ciò che è considerato il vero problema è proprio la mobilità privata (in particolare a quattro ruote), che costoro sembrano avere in odio a priori, verosimilmente per motivi ideologici. L'inquinamento è allora solo un pretesto per poterla ostacolare e ridurre, anziché una ragione.

Ecco dunque che ingigantire il problema delle polveri fini è perfettamente funzionale ai loro obiettivi, dato che è facile mobilitare l'opinione pubblica e ottenere consenso facendo leva sul timore per la propria salute. Molto più difficile sarebbe invece ottenere lo stesso obiettivo basandosi sui loro veri motivi, che sono propri di un certo ambientalismo di sinistra (esiste anche l'ambientalismo di destra, ma in questa fase storica italiana è meno rilevante) e la cui discussione esula da questo libro.

Discutendo con i fautori delle varie misure contro la circolazione privata, di solito si giunge ad un punto in cui arrivano a dire che una città piena di auto è “brutta”. Una posizione del genere è piuttosto debole, e non offre alcun argomento degno di nota per convincere un interlocutore della sua superiorità rispetto a quella opposta. Avere invece l'argomento inquinamento dietro cui nascondersi, permette di zittire, o mettere per lo meno in difficoltà, ogni interlocutore, perché nessuno può negare che la salute vada tenuta in debita considerazione. Maggiore l'inquinamento, maggiore la forza persuasiva che se ne guadagna!

Il problema è che il conto salato delle misure che vengono propugnate sulla base, alla fine, di una motivazione puramente estetica, è pesante, e tutti sono destinati a pagarlo, chi subito, chi fra un po'.

Importanza della mobilità per l'economia

Sicuramente uno dei principali fattori che vanno ad influire sulla nascita di nuove imprese produttive e commerciali, e sulla crescita di quelle esistenti, è l'efficienza dei servizi.

E uno degli aspetti più importanti dei servizi è rappresentato dalla facilità degli spostamenti e dei trasporti, ovvero dalla mobilità. Qualsiasi impresa che tratti beni materiali si basa in maniera più o meno essenziale sullo spostamento di persone e di merci. E' questo ovviamente il caso di laboratori ed esercizi commerciali. Vale però anche per aziende del terziario, in quanto devono comunque essere facilmente raggiungibili da clienti e dipendenti. E' poi chiaro che tutte le imprese in un modo o nell'altro richiedono regolarmente la presenza di addetti alla manutenzione e alla riparazione, si trattasse anche solo di idraulici o elettricisti.

Tutte le volte che un'impresa commerciale, o di altro tipo, richiede lo spostamento di suoi dipendenti e collaboratori per raggiungere i clienti, il tempo impiegato per gli spostamenti è uno dei fattori nella determinazione del costo del servizio. Come pure lo è il costo degli strumenti necessari per poter portare a termine lo spostamento. Lo stesso vale per gli spostamenti che i dipendenti o collaboratori devono affrontare per raggiungere il posto di lavoro. Poiché ovviamente nessuno lavora per rimetterci, più raggiungere il posto di lavoro sarà costoso, anche in termini di tempo, più lo stipendio dovrà essere alto, e di conseguenza anche il prezzo al cliente finale del servizio fornito. Inoltre la velocità e la tempestività con cui un servizio viene erogato è un fattore fondamentale per poter soddisfare i clienti e per poterne avere un numero maggiore.

Non si sta affatto parlando di fattori secondari, ma di uno dei fattori principali. Viviamo in una società basata sul rapido spostamento di persone, merci e informazioni. Se per queste ultime (le informazioni) si sono fatti molti progressi (con Internet e posta elettronica il trasferimento di informazioni è ormai quasi istantaneo su scala planetaria), si è rimasti proporzionalmente molto indietro sui primi due.

Per quanto riguarda la città di Milano, purtroppo, si sta andando anzi all'indietro. Già le ultime due giunte, ma soprattutto quella attuale, sembrano non avere minimamente capito l'importanza della mobilità per l'economia della città, e per il benessere dei cittadini, che da essa dipende (dato che quando non c'è lavoro, non si vive granché bene).

Se si considera la politica alla mobilità messa in atto negli ultimi dieci anni circa, si nota che essa, in sintonia con la mentalità avversa alla mobilità privata sopra citata, è stata tutta incentrata sul porre divieti e rendere a pagamento ciò che prima era gratuito. Si va dalla sosta a pagamento ormai ovunque, alla chiusura di molte strade al traffico privato, al restringimento di carreggiate, all'introduzione di ZTL e zone ad accesso a pagamento, all'enorme aumento del numero delle multe, introito messo addirittura “a budget” dall'amministrazione pubblica! Sono queste, tutte misure in negativo, ovvero che vanno ad opporsi a quelle che sarebbero le scelte spontanee di chi gira per la città. Di positivo, ovvero di cose che migliorano l'offerta di mobilità e che vanno ad assecondare le richieste di mobilità dei cittadini, è stato fatto poco: qualche fermata di metropolitana in più e il prolungamento di orario notturno di qualche linea di superficie (In compenso non si parla più di prolungamento dell'orario notturno delle metropolitane il venerdì e il sabato. Va sottolineato che le corse sostitutive non sostituiscono un bel niente, dato che un conto è aspettare la metropolitana nel mezzanino, un altro aspettare di notte un autobus, al freddo, magari al vento e sotto la pioggia.). Qualcuno poi non mancherebbe di fare presente bike sharing e car sharing, ma questi sono strumenti di mobilità del tutto secondari e in pratica del tutto irrilevanti per quanto riguarda l'offerta di mobilità complessiva (basta considerare che ogni giorno entrano a Milano ca. 600000 auto, ovvero almeno 600000 persone, più tutte quelle persone che utilizzano treni e autobus, contro le poche migliaia di persone che utilizzano bike sharing e car sharing).

Dal punto di vista dell'economia della città, le misure di governo della mobilità in senso negativo sono però assolutamente dannose, in quanto sono un costo che va a gravare sul cliente finale, a fronte di nessun miglioramento del servizio. In pratica pensare di governare la mobilità attraverso divieti e gabelle equivale ad appendere dei pesi alle caviglie del proprio corridore prima della partenza della gara.

In teoria qualcuno potrebbe obiettare che attraverso misure di questo tipo le amministrazioni, che hanno una visione più ampia del singolo sui problemi della città, possono indurre ad un migliore sfruttamento delle risorse viabilistiche e, in questo modo, alla fine dei conti, portare il bilancio per i cittadini comunque in attivo.

Purtroppo i fatti smentiscono in maniera categorica queste interpretazioni ottimistiche. Già la realizzazione di un simile obiettivo sarebbe estremamente difficile ove le amministrazioni operassero in assoluta buona fede. Questo perché non è per nulla facile valutare a medio e lungo termine l'effetto di misure coercitive sulla mobilità. Esso potrebbe anche essere quello di far allontanare le imprese (vedi oltre).

A maggior ragione tale obiettivo non si può raggiungere se le amministrazioni non resistono alla tentazione di sfruttare la mobilità per fare cassa. E questo si è sin qui dimostrato essere il caso, talvolta di più, talvolta di meno.

Se a breve termine l'introduzione di manovre coercitive sulla mobilità può corrispondere essenzialmente ad un maggiore esborso per i cittadini, ancora peggiori possono essere gli effetti a medio e lungo termine.

Il caso sotto gli occhi di tutti è il centro di Milano, la cui desertificazione è iniziata, per quel che ci ricordiamo, proprio con l'introduzione della sosta a pagamento serale. Sarà un caso, ma da lì in poi sono cominciati a nascere locali notturni in zone periferiche dove mai prima se ne erano visti, e molti locali, cinema e attività commerciali in centro hanno cominciato a chiudere. Ci riferiscono anche del noto caso della ZTL di Brescia.

Ovviamente molti diranno che non possono essere stati quei due Euro da pagare alla sera per il parcheggio a fare la differenza. Costoro non considerano però l'effetto a feed back positivo di simili misure coercitive (e il fatto che insieme alla sosta a pagamento sono state rese inaccessibili ai privati molte strade e sono state attivate innumerevoli telecamere, dalle quali bisogna continuamente guardarsi per non rischiare multe molto onerose ). Infatti, una volta che un processo di chiusura di attività commerciali si mette in moto, esso è auto-catalitico, ovvero esso tende ad auto-rafforzarsi. L'economista Frederic Bastiat diceva che il danno maggiore provocato dall'azione governativa è “ciò che non è visto”, ovvero sia, per fare un esempio pertinente, i clienti che NON si recano in centro, nuovi negozi che NON aprono o quelli esistenti che NON assumono.

Una caratteristica tipica delle attività commerciali è infatti quella di tendere a raggrupparsi in determinate zone. Questo anche a costo di una maggiore concorrenza. Si pensi solo ai locali serali: essi tendono a nascere in determinate zone, non a distribuirsi in maniera omogenea sul territorio, perché la gente, attratta da uno, tenderà poi a frequentare anche quelli in zona. Questo è anche il motivo per cui sono così attrattivi i centri commerciali.

Vale però anche al contrario: se in una zona comincerà a esserci un locale o un negozio di meno, anche quelli che rimangono faranno più fatica ad attrarre clienti e avventori. In questo modo, un fattore apparentemente secondario può rappresentare il punto di partenza per un processo catastrofico in grado di portare alla desertificazione di una zona. A ciò si aggiunga che ogni volta che una zona diventa meno frequentata, ve ne è un'altra che lo diventa di più. In questo modo l'effetto è sempre doppio, perché clienti e avventori non solo sono meno attratti da una zona, ma sono anche più attratti da un'altra. La cosa vale non solo per i locali serali, ma anche per i negozi, le agenzie di servizi, i laboratori e così via.

Riassumendo, le politiche alla mobilità di tipo negativo (ovvero che tendono a modificare le abitudini dei cittadini attraverso divieti e sanzioni) rappresentano una minaccia per il sistema economico cittadino perché agiscono in due modi:

Il problema è proprio che gli effetti negativi di tali politiche alla mobilità si manifestano sul medio e sul lungo periodo, non sul breve. Anzi, sul breve periodo, vi possono essere anche effetti positivi, come è il caso del commercio nelle zone che vengono pedonalizzate o trasformate in ZTL. Dopo un po' di anni, però, l'effetto positivo scompare e tende a prevalere sempre più quello negativo.

Purtroppo, per natura, gli essere umani sono portati a concentrarsi sugli effetti immediati e diretti, e a trascurare quelli traslati nel tempo, oppure quelli in cui la catena di causa effetto è lunga.

Certezza dell'investimento e ammortamento mezzi

Un altro aspetto della lotta alla presunta emergenza inquinamento riguarda, come detto, il rinnovamento del parco veicoli privati. Ormai a Milano e in Lombardia è vietata la circolazione a tutte le classi più vecchie di auto e di moto: benzina Euro 0, Diesel Euro 0, 1, 2 e forse, fra non molto, anche Diesel Euro 3.

Ad ogni allargamento del divieto, ci è stato detto che si trattava di una misura utile e necessaria per abbattere l'inquinamento. Eppure anche questo anno (2012/2013) il problema si è presentato identico agli ultimi anni precedenti.

Alla luce di quanto spiegato nei capitoli precedenti, la causa è palese: il traffico privato è una fonte assolutamente secondaria di inquinamento, e di conseguenza frazioni di esso non possono che essere ancora più secondarie. Irrilevanti a livello pratico.

A parte il fatto che i motori i benzina 4T non hanno mai emesso polveri fini, per le loro caratteristiche intrinseche, tanto che la normativa Euro non dice nulla riguardo alle loro emissioni di polveri fini, e che perciò vietare la circolazione di veicoli a benzina, qualsiasi esse siano (anche Euro 0!), per ridurre il PM10 è a priori una sciocchezza, vietare alle poche auto più vecchie di circolare rappresenta una misura con rapporto costi/benefici assolutamente proibitivo. Chi infatti possiede un'auto vecchia, deve forzosamente rottamarla, a condizioni svantaggiose perché impedita alla circolazione e quindi di valore commerciale prossimo allo zero, e comprarne una nuova, con notevole esborso di denaro.

Considerando che chi ha un'auto vecchia tendenzialmente è una persona non particolarmente ricca, simili divieti equivalgono ad accollare il costo di misure insensate proprio a chi è meno in grado di sopportarlo.

Va poi anche considerato che ad ogni passaggio il vantaggio si riduce. Infatti, da Diesel Euro 3 a Diesel Euro 4, il salto è molto minore di quello da Euro 1 a Euro 2. Non si tratta di una scala, con gradini alti uguali, ma semmai di una curva più simile ad una curva esponenziale negativa.

Quindi il paventato divieto di circolazione dei Diesel Euro 3 è insensato per tre motivi:

Considerando che l'acquisto di un nuovo veicolo è molto oneroso e che in molti casi il veicolo da sostituire è ancora in ottimo stato (non si tratta certo di veicoli vecchi!!! per i diesel Euro 3 stiamo parlando di veicoli comprati 6 anni fa!), il divieto di utilizzarlo appare una vessazione del tutto ingiustificata.

A ciò si possono aggiungere due considerazioni più generali:

Misure adottate: effetti indiretti sullo stile di vita e la salute

Quando i fautori dell'emergenza inquinamento difendono le misure prese, e quelle che vorrebbero prendere, in gran parte a carico della circolazione privata, prendono sempre solo in considerazione gli effetti immediati (o quelli che loro assumono essere tali). Per costoro la valutazione della bontà di un provvedimento consiste unicamente nella quantificazione della riduzione delle polveri sottili immesse nell'ambiente (o meglio, quella che loro assumono essere tale). Allo stesso modo, per costoro ridurre il traffico passa molto semplicemente per la riduzione della strade accessibili alle auto. E' chiaro che in questo modo qualsiasi divieto diventa utile e accettabile.

Quello che queste persone non prendono mai in considerazione sono gli effetti più lontani nella rete dei rapporti causa effetto.

Quando parlano di salute considerano solo gli ipotetici danni causati dalle polveri sottili. Ma a influenzare la salute e la qualità della vita delle persone non c'è solo l'aria che si respira. C'è anche il tempo che va perso per i trasferimenti, il sonno o le attività piacevoli cui bisogna rinunciare per dover andare con i mezzi pubblici invece che col proprio mezzo. C'è il tempo che eventualmente bisogna passare al freddo e col vento ad aspettare un mezzo pubblico che non arriva.

Il mezzo di trasporto che viene proposto come alternativa ideale e buona per tutti sarebbe la bicicletta. Anche in questo caso non si considera minimamente gli altri modi attraverso cui l'utilizzo di tale mezzo potrebbe influire sulla salute. Una persona, magari di una certa età, potrà trarre vantaggio dall'attraversare la città in bicicletta in Inverno, magari con la pioggia o col vento? O piuttosto non rischierà di prendersi una polmonite?

Allo stesso modo, molte delle misure introdotte comportano un aumento dei costi della vita, talvolta anche non indifferente (gratta e sosta, AreaC, rottamazione di certe categorie di auto e moto). Chi dovrà magari rinunciare ad una vacanza in più a causa dei costi aggiuntivi dovuti a tali misure, oppure dovrà effettuare del lavoro aggiuntivo, solo per far fronte a tali voci, ne trarrà giovamento per la propria salute e per il proprio benessere?

Le domande sono retoriche. Ovviamente si tratta di misure che impattano negativamente sulla qualità della vita di molti, e quindi anche sulla salute.

Molti studi vengono fatti (con risultati, come visto, molto confusi) sull'effetto sulla salute del PM10. Mai nessuno sembra essersi invece mai preoccupato di quantificare gli effetti sulla salute delle misure prese nell'intento di ridurre l'inquinamento e il traffico (che molti, erroneamente, credono essere la sua origine principale).

A qualcuno potranno sembrare argomenti pretestuosi. Facciamo allora qualche esempio: una persona che per vari motivi deve per forza entrare in auto in centro tutti i giorni. Sono 5 giorni per quattro settimane per 11 mesi all'anno per 5 Euro: totale 1100 Euro. A cosa dovrà rinunciare questa persona per pagare l'AreaC? Oppure consideriamo il caso di qualcuno costretto ad andare a lavorare in auto nel semi-centro. 8 ore per 5 giorni per quattro settimane per 11 mesi per 1,2 Euro all'ora di parcheggio: totale 2112 Euro. Quanto potrà guadagnarne la salute di una persona costretta a pagare ogni anno più di 2000 Euro solo per il parcheggio?

In generale va sottolineato come la sedicente lotta all'inquinamento si è tradotta molto spesso in politiche a tutti gli effetti classiste, in quanto più onerose propri per gli strati meno abbienti della popolazione. Già mettere a pagamento per tutti in uguale maniera un bene pubblico prima gratuito, come lo spazio per parcheggiare, è proporzionalmente più oneroso per chi ha meno possibilità economiche. Ma ancora più grande è la sperequazione nel caso della messa al bando dei veicoli più vecchi, che va specificamente a gravare su chi non si era già potuto permettere di suo un mezzo aggiornato.

Varrebbe infine la pena di ricordare che l'aria sui mezzi pubblici non è poi certo meglio che fuori. Nelle banchine della metropolitana romana, ad esempio, le concentrazioni di polveri sottili risultano essere molto più alte di quelle che a Milano fanno gridare all'emergenza (www.sos-traffico-milano.it/materiale/Relazione-METRO-Roma.pdf) E' immaginabile che la situazione non sia molto diversa nel caso della metropolitana milanese.

Una cosa che pochi sanno e quasi nessuno dice: l'area interessata dalla Congestion Charge di Londra è stata non molto tempo fa dimezzata (mappa, rapporto originale della commissione). All'estero, dunque, la controtendenza è già iniziata. Ma noi arriviamo sempre dopo…

Veicoli storici

Una forte conseguenza di tutte queste politiche insensate contro il traffico privato è stata la progressiva sparizione dei mezzi storici, sia auto che moto.

Infatti la spinta (obbligo?) verso il “comportamento virtuoso” imposto al cittadino facendogli rottamare, senza se e senza ma, veicoli ancora in perfetto stato di efficienza (ma “vecchi” secondo gli standard) ed obbligandolo all'acquisto di mezzi nuovi perché “ecologici” ha di fatto provocato l'esodo verso l'estero, dove queste eco-ideologie non attecchiscono, del parco veicoli storico italiano.

Provate a guardarvi in giro… dove sono le FIAT 500 (quelle originali!), le 2CV, i maggiolini… le Moto Guzzi, le Ducati, i Gilera ?

Orbene, sono state comprate da collezionisti tedeschi, giapponesi, americani. “Sapevatelo!” (cit. Vulvia)

Veicoli elettrici e demagogia

Si sente dire di tutto, specie in questo periodo (febbraio 2013) di campagna elettorale.

Tale Bonelli dei Verdi propugna “l'abolizione del motore a scoppio” per passare, entro 10 anni al massimo, alla sola e unica mobilità elettrica.

Mi rendo conto che non ci sarebbe nemmeno bisogno di commentare, però mi sento in dovere di buttar lì qualche spunto di “realismo”:

Analisi ulteriori sui veicoli elettrici e sulla loro sostenibilità potete leggerla in questo articolo. Confronta anche l'analisi sulla cosiddetta “economia verde” realizzata da David Stockman nel libro “The Great Deformation”. In sintesi: se non ci fossero le sovvenzioni statali, specie negli USA, il mezzo elettrico sarebbe già stato confinato alle fiere degli inventori. La strada attuale è l'ibrido, dove però i costruttori europei ed americani sono fortemente in ritardo rispetto ad Honda e Toyota e necessitano quindi di ulteriori aiuti e sussidi, vedi il recente finanziamento da sette miliardi di euro concesso dal governo francese al Gruppo PSA.

Case produttrici di veicoli

Pura speculazione… ammetto, ma è plausibile secondo me pensare che le case produttrici, in crisi di vendita, abbiano per anni assecondato la politica “terroristica” degli ambientalisti integralisti per poter costringere i cittadini al ricambio forzoso dei propri mezzi in nome di un supposto “pericolo ambiente” (cfr. stato dell'aria). Oggi invece si stanno (spero) rendendo conto che il loro “silenzio assenso” si sta rivoltando contro di loro… hanno contribuito ad alimentare la cultura iperambientalista e ora scoprono che:

… una doppia zappa sui piedi.

Sono curioso di vedere come reagiranno.

:copyright